È noto che il titolare di un marchio di fatto, cioè di un marchio non registrato, preusato su scala puramente locale, gode del diritto di continuare l’utilizzazione nell’ambito dell’uso di fatto.
Ciò in forza dell’art. 12, c. 1 D. Lgs. n. 30/2005 (Codice della Proprietà Industriale). Il preutente non può però impedire l’altrui registrazione di un marchio, identico o simile al suo, a diffusione nazionale, dovendo in questo caso accettare la coesistenza, in tale territorio, con il registrante.
La giurisprudenza sul tema
Tale affermazione è stata ribadita dalla Corte di Cassazione civile, Sezione I, con la recentissima ordinanza del 27 dicembre 2019 n. 34531, con cui si è applicato il principio già espresso (si veda, ad esempio, Cassazione civile, Sezione I, n. 14787/2007) in base al quale la registrazione di un marchio confondibile con altro segno distintivo preusato con notorietà puramente locale non è invalida e dà luogo, nell’ambito in cui il segno precedente era usato, ad una sorta di duopolio, atto a consentire in ambito locale la coesistenza del marchio preusato e di quello successivamente registrato.
Va però evidenziato che una parte della giurisprudenza di merito si è parzialmente discostata da detto principio: è stato ad esempio affermato che, quando ciò occorra per evitare confusione ed inganno al pubblico, si può riservare al preutente l’uso esclusivo del marchio di fatto nell’ambito territoriale in cui esso è noto, con riguardo ai punti distributivi commerciali diversi dalla grande distribuzione organizzata (così Tribunale di Milano, 13/03/2007). Nel decidere la questione della coesistenza tra marchio di fatto preusato e successivo marchio registrato occorre quindi calarsi nella fattispecie concretamente all’esame del giudice.
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Scritto da:
Avvocato Alfredo Pivato, Diritto Commerciale e Societario
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