Con la riforma del mercato del lavoro comunemente nota come Job’s Act, tra il 2014 e il 2015, è cambiato l’intero impianto posto a tutela dei lavoratori in caso di licenziamento, soprattutto per le aziende che occupino più di 15 dipendenti.
In questo caso, per gli assunti dopo il 7 marzo 2015 (tra cui vanno inclusi anche i lavoratori assunti prima di tale data con contratto a tempo determinato, trasformato in contratto a tempo indeterminato successivamente), in caso di licenziamento illegittimo, non trova più applicazione l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, bensì la normativa di cui al d. lgs. 23/2015 (entrato in vigore appunto nel mese di marzo 2015).
È opinione comune che il Job’s Act abbia ridotto fortemente le tutele per i lavoratori rispetto alla normativa precedente, tuttora applicabile agli assunti prima del 7 marzo 2015. È proprio così? Vediamo nel dettaglio.
Diritto alla reintegra
Il Job’s Act prevede ancora che il lavoratore abbia diritto alla reintegra (o al pagamento dell’indennità sostitutiva di 15 mensilità, a scelta del lavoratore stesso), in caso di
- licenziamento nullo (a prescindere dal motivo formalmente addotto), discriminatorio o ritorsivo (art. 2 d. lgs. 23/2015);
- insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore in caso di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (quindi solo per ragioni disciplinari) (art. 3 comma 2 d. lgs. 23/2015).
All’ordine di reintegra disposto dal Giudice, segue anche la condanna del datore di lavoro al pagamento di una somma, commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, pari alle retribuzioni maturate e non godute, inclusi i contributi, dalla data di licenziamento all’effettiva ripresa in servizio, così stabilita:
- per un minimo di 5 mensilità nei casi di cui al punto a) (licenziamento nullo);
- per un massimo di 12 mensilità nei casi di cui al punto b) (insussistenza del fatto materiale in caso di licenziamento disciplinare).
Indennizzo economico
Fuori da questi casi, in caso di accertamento della non ricorrenza degli estremi del licenziamento per giusta causa, giustificato motivo soggettivo o giustificato motivo oggettivo – per ragioni economiche (art. 3 comma 1 d. lgs. 23/2015), il rapporto di lavoro viene dichiarato estinto ed il lavoratore ha diritto ad un’indennità non soggetta a contribuzione pari a due mensilità, commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo di TFR, per ogni anno di servizio, da un minimo di sei ad un massimo di trentasei mensilità.
Nel caso in cui vengano ravvisati esclusivamente vizi formali del licenziamento (violazione del requisito di motivazione o della procedura per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, art. 4 d. lgs. 23/2015), l’indennità spettante al lavoratore viene ridotta ad una mensilità per ogni anno di servizio, da un minimo di due ad un massimo di dodici mensilità.
Rispetto al sistema di tutele precedenti, il Job’s Act non ha dunque eliminato la possibilità per il lavoratore di ottenere la reintegra, limitandola tuttavia, oltre ai casi di nullità, alle ipotesi di licenziamento disciplinare, in caso di insussistenza del fatto, escludendola quindi sempre in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Anche l’indennità è stata mantenuta, pur con un sistema di quantificazione parzialmente predeterminata (due mensilità per ogni anno di anzianità), con la possibilità di aumentarla o diminuirla tra il minimo ed il massimo indicato nella norma.
In conclusione, sussiste ancora la tutela reintegratoria per il lavoratore illegittimamente licenziato: ciò che è cambiato è l’ambito di applicazione e la misura dell’indennità risarcitoria, comunque prevista.
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