Con l’ultimo decreto legge emanato in pieno agosto (d. l. 104/2020, noto come “decreto Agosto”) il Governo ha prorogato il blocco dei licenziamenti, ormai perdurante dal 17 marzo 2020 (prima con il decreto c.d. “Cura Italia” e poi con il decreto c.d. “Rilancio”), fino al termine massimo del 31 dicembre 2020.
Stavolta, tuttavia, le rigidità iniziali dettate dalla situazione emergenziale sono state allentate, essendo stati previsti un termine mobile e varie proroghe.
Vediamo in sintesi i punti salienti dell’attuale normativa in tema di licenziamenti.
Cosa prevede il decreto “Agosto”?
I primi due commi dell’art. 14 del d.l. 104/2020 confermano, in linea generale, le preclusioni già in vigore:
- Sono bloccate le procedure collettive di riduzione di personale (artt. 4, 5 e 24 l. 223/91), sia da avviare che avviate successivamente al 23 febbraio 2020; restano invece valide quelle terminate prima del 23 febbraio 2020, che quindi possono continuare ad esplicare i loro effetti anche se successivi al blocco;
- Sono parimenti sospese le procedure in corso ex art. 7 l. 604/66 (procedure per licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo);
- Sono preclusi in via generale anche i licenziamenti individuali, sempre per giustificato motivo oggettivo (a prescindere dalle dimensioni dell’Azienda).
Il decreto “Agosto” ha però ristretto la platea di destinatari del blocco dei licenziamenti, limitandolo a quei datori di lavoro che, indipendentemente dal numero di dipendenti:
- non abbiano integralmente fruito dei trattamenti integrativi salariali COVID-19 previsti dall’art. 1 del medesimo decreto (9 settimane a partire dal 13 luglio al 31 dicembre oltre ad altre 9 settimane a determinate condizioni);
ovvero
- stiano fruendo dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali per 4 mesi previsto quale alternativa al godimento degli ammortizzatori sociali (art. 3 del medesimo decreto).
Ciò significa che il blocco dei licenziamenti (sia collettivi che individuali e sempre per motivi economici) ha una durata non più predeterminata (come era previsto dai precedenti decreti “Cura Italia” e “Rilancio”), ma variabile, essendo correlata alla fruizione di altre 18 settimane di CIG-COVID ovvero all’esenzione contributiva di 4 mesi, fermo restando il termine ultimo del 31 dicembre 2020.
Per appurare la vigenza del blocco dei licenziamenti, sarà dunque necessario verificare la scadenza dei trattamenti integrativi salariali ovvero dell’esonero contributivo.
Deroghe al blocco: in quali casi è possibile procedere al licenziamento già dal 17 agosto?
Dal punto di vista soggettivo, rimane escluso dal blocco quel datore di lavoro che non abbia fatto ricorso all’integrazione salariale COVID-19 di 18 settimane (nemmeno parzialmente) e tanto meno all’esonero contributivo, e che abbia deciso di procedere ad una riorganizzazione aziendale. In questo caso, il datore di lavoro potrebbe procedere con uno o più licenziamenti per ragioni economiche, a condizione di non ricorrere in un secondo momento al trattamento di integrazione salariale.
Oltre a questo caso, che si ricava a contrario dai commi 1 e 2 dell’art. 14 citato, non vige il blocco dei licenziamenti nei casi espressamente previsti dal comma 3, ossia:
- cessazione definitiva dell’attività, cui deve seguire anche la messa in liquidazione senza alcuna continuazione, nemmeno parziale;
- Fallimento senza esercizio provvisorio dell’attività, con cessazione totale della stessa (con possibile estensione anche alle altre procedure concorsuali, come il concordato preventivo);
- Accordo collettivo aziendale, stipulato con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con incentivo alla risoluzione del rapporto ed adesione all’accordo da parte del lavoratore singolo (ed accesso alla NASPI). Su questo punto, seguirà ulteriore approfondimento.
Dunque, possiamo affermare che sussiste ancora un blocco generalizzato dei licenziamenti volto a garantire i livelli occupazionali, incentivando le aziende a mantenere in forza i lavoratori dando loro sostegno tramite gli ammortizzatori sociali o gli sgravi contributivi, permettendo i licenziamenti solo nei (rari) casi di mancata fruizione di tali agevolazioni.
È stata però aperta una breccia tramite gli accordi collettivi aziendali che permettono di superare l’ostacolo del divieto (evitando il rischio di nullità del licenziamento) pur continuando a fruire delle agevolazioni sociali a carico dello Stato. Di fatto, una sorta di moratoria, che parrebbe snaturare il senso del divieto stesso, ma che era di fatto necessaria, considerate le istanze delle parti sociali.
In attesa della conversione del decreto legge, se si intende procedere con un licenziamento, è bene verificare ogni aspetto con cautela ed attenzione, per non incorrere in nullità e sanzioni.
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