Licenziamento per fatti precedenti all’assunzione: è legittimo?

Il licenziamento disciplinare è la massima sanzione che si può infliggere al lavoratore e può essere effettuato anche per gravi fatti commessi in ambito extralavorativo, ma quando è legittimo?

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Il licenziamento disciplinare costituisce la massima sanzione che il datore di lavoro può infliggere nei confronti del lavoratore.

Possiamo distinguere tra licenziamento per giusta causa e licenziamento per giustificato motivo soggettivo:

– il primo viene comminato nel caso di grave fatto commesso dal lavoratore (anche in ambito extralavorativo), tale da non permettere la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro (e infatti non è previsto il preavviso);

– il secondo, invece, sanziona ipotesi di inadempimento contrattuale da parte del lavoratore ed è previsto il diritto al preavviso.

Procedura per l’irrogazione del licenziamento disciplinare

In quanto sanzione disciplinare, anche il licenziamento deve rispettare la procedura stabilita dall’art. 7 St. Lav. e quindi il datore di lavoro deve:

– contestare preventivamente e per iscritto la condotta ritenuta disciplinarmente rilevante, specificando quanto più possibile i fatti in termini di tempo e luogo;

– concedere al lavoratore un termine a difesa (solitamente 5 giorni, ma il CCNL può prevedere un termine maggiore).

Solo all’esito di tali adempimenti, il datore di lavoro può irrogare il licenziamento.

Tempestività della contestazione disciplinare e del licenziamento

La contestazione dell’addebito deve essere tempestiva.

Si tratta di tempestività relativa.

Infatti, è ben possibile che il datore di lavoro, avuto contezza del fatto commesso dal lavoratore, abbia la necessità di approfondire l’indagine per comprenderne la portata e la rilevanza disciplinare.

Non solo. Può accadere che il datore di lavoro venga a conoscenza dei fatti commessi dal lavoratore – e rilevanti sotto il profilo disciplinare – anche molto tempo dopo: in questo caso, la tempestività viene valutata con riferimento all’effettiva conoscenza dei fatti da parte del datore di lavoro.

Dunque, la tempestività non corrisponde, necessariamente, ad una contiguità temporale tra commissione del fatto e addebito formale.

Rilevanza di condotte estranee al rapporto di lavoro in essere

La giusta causa, al contrario del giustificato motivo soggettivo, si può sostanziare anche in un comportamento extralavorativo, tale da far venire meno del tutto la fiducia nei confronti del lavoratore.

La valutazione della gravità di una condotta di questo tipo rileva sotto diversi profili:

  • da un punto di vista oggettivo, tenuto conto della natura e della qualità del rapporto, della posizione professionale e delle responsabilità del lavoratore, della tipologia di mansioni e del grado di affidamento e le circostanze in cui si sono verificati i fatti;
  • da un punto di vista soggettivo, tenuto conto della colpa e/o dell’intenzionalità nella condotta del lavoratore.

In questo senso, dunque, possono venire in rilievo non solo condotte messe in atto dal lavoratore nello svolgimento delle mansioni di lavoro, ma anche comportamenti al di fuori dell’ambito lavorativo.

Queste ultime possono portare ad una diversa valutazione del lavoratore e della sua affidabilità, tenuto conto della posizione del lavoratore e del grado di affidamento richiesto per le mansioni svolte.

La sentenza del Tribunale di Pistoia dell’11 gennaio 2021 – il bancario condannato

Di recente, il Tribunale di Pistoia è intervenuto, con la sentenza dell’11 gennaio 2021 (allegato pdf) su un’impugnazione di licenziamento di un dipendente di un istituto di credito, licenziato per dei reati commessi quando era dipendente di altra banca, a distanza di 9 anni dalla perquisizione e di 7 anni dal rinvio a giudizio.

Il lavoratore è stato condannato per varie condotte contrarie ai doveri di diligenza bancaria, in particolare nella materia della concessione del credito, creando artificiosamente situazioni economiche non veritiere, con palese pregiudizio degli interessi dell’istituto di credito.

La banca ove era stato successivamente assunto aveva proceduto al licenziamento del lavoratore dopo aver avuto notizia della condanna in sede penale e aver ricevuto tutta la documentazione relativa ai fatti addebitati (ricezione della documentazione 4/7/2017 – contestazione disciplinare 25-7-2017).

Il licenziamento è stato ritenuto legittimo perché:

– nessun rilievo è stato dato al fatto che i fatti erano stati commessi quando lavorava presso altro istituto di credito, potendo assumere rilievo un comportamento lesivo dell’affidamento datoriale, che incida sulla figura morale del lavoratore (Cass. Civ. 20319/2015, richiamata dal Giudice di Pistoia);

– i fatti contestati nella lettera di addebito sono stati ritenuti provati dall’istruttoria in sede penale;

– la contestazione è stata ritenuta tempestiva, perché l’istituto di credito ha potuto prendere contezza della gravità dei fatti e soprattutto della colpevolezza del proprio dipendente solo alla conclusione del procedimento penale (che ha visto la condanna del lavoratore).

In conclusione, il Tribunale di Pistoia ha ritenuto che i fatti contestati al lavoratore, provati nell’istruttoria penale, costituiscono gravissimo inadempimento dei più elementari doveri di diligenza bancaria, tali da impedire la prosecuzione, anche solo provvisoria del rapporto di lavoro e da costituire quindi giusta causa di recesso.

In questo caso, quindi, sono stati ritenuti rilevanti per giustificare il recesso datoriale non solo fatti risalenti nel tempo (a distanza di 9 anni dalla contestazione) ma commessi durante altri rapporti di lavoro: e ciò in ragione della gravità di quanto commesso, della natura del comportamento e della rilevanza nel rapporto di lavoro in corso, tenuto conto della posizione e della professionalità del lavoratore.

Ne consegue che un lavoratore può essere licenziato anche per fatti risalenti nel tempo, addirittura commessi mentre era alle dipendenze di altro soggetto, nella misura in cui tali condotte possano in qualche modo inficiare la fiducia riposta nel lavoratore da parte dell’attuale datore di lavoro.

Erica Mussato Avvocato - Diritto del lavoro e previdenziale
Avvocato Erica Mussato, Diritto del Lavoro e Previdenziale
Servizio Agoràpro collegato a questo articolo: Problematiche sul lavoro – Imprese e società

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