La Corte di Cassazione si è recentemente espressa su un tema importante e molto discusso:
il licenziamento per motivi economici e l’obbligo del datore di lavoro di cercare una diversa collocazione per il lavoratore (il cosiddetto “repechage”).
Con l’ordinanza n. 1364 del 20 gennaio 2025, la Sezione Lavoro ha chiarito che l’azienda, prima di procedere al licenziamento, è tenuta a verificare se ci siano posti liberi compatibili con le mansioni del dipendente. Tuttavia, non è obbligata a inventarsi nuovi ruoli o a proporre incarichi molto diversi da quelli per cui il lavoratore è stato assunto.
Il caso riguardava un dipendente assunto come “responsabile vendite Retail” per il mercato del Brasile e del Sud America. La sua posizione è stata eliminata per ragioni organizzative, e il lavoratore è stato licenziato. Contestando il provvedimento, ha sostenuto che l’azienda avrebbe dovuto valutare la possibilità di impiegarlo in un’altra posizione. Ma la Corte ha dato ragione all’impresa, ribadendo che l’obbligo di repechage riguarda solo eventuali posti già esistenti e in linea con le competenze del dipendente, e non può essere esteso a mansioni completamente diverse o alla creazione di nuovi ruoli.
Secondo la Cassazione, quindi, il datore di lavoro non è tenuto a riorganizzare la propria struttura pur di trattenere un lavoratore, né il giudice può imporre di farlo. Conta solo che, al momento del licenziamento, non ci siano posizioni disponibili compatibili con la professionalità del dipendente.
Questa decisione ha un peso importante per le imprese, perché chiarisce che non devono stravolgere l’organizzazione interna in caso di esubero, e per i lavoratori, perché riduce un po’ il margine di tutela in situazioni di licenziamento per ragioni economiche. In particolare, in un contesto in cui molte aziende si trovano a riorganizzare frequentemente il proprio personale, la sentenza rischia di rendere più difficile per i lavoratori far valere il diritto alla ricollocazione.
Come spesso accade, anche questa pronuncia ha diviso gli esperti. Alcuni la considerano un chiarimento importante che può aiutare a evitare contenziosi, altri temono che possa indebolire la stabilità del lavoro e la protezione per chi perde il posto. Il messaggio della Cassazione è comunque chiaro: il repechage è un obbligo serio, ma non illimitato.
In conclusione, l’ordinanza n. 1364/2025 offre un’indicazione chiara su cosa deve (e non deve) fare un’azienda prima di procedere a un licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Una decisione che rafforza il principio di libertà organizzativa delle imprese, pur lasciando aperto il dibattito su come bilanciare questa libertà con la tutela concreta dei lavoratori.

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